La conoscenza delle informazioni sulle proprie radici rappresenta un aspetto importante nel percorso di costruzione dell’identità personale; nel caso di persone adottate o che abbiano vissuto esperienze di abbandono, il tema assume connotati di estrema rilevanza e potenziale criticità.

Recentemente assistiamo ad una crescita del fenomeno della ricerca di informazioni sulle origini, dovuta a vari fattori fra i quali il progressivo aumento dell’età dei bambini adottati e l’avvento dei social network e delle nuove forme di comunicazione che hanno reso più facile il recupero delle informazioni e la possibilità di rintracciare i familiari biologici anche al di fuori dei limiti e delle procedure previste dalla legge. Assistiamo inoltre all’incremento del fenomeno inverso, vale a dire della ricerca del figlio adottivo da parte dei suoi genitori biologici e/o di altri componenti della famiglia di nascita. Tali ricerche, svolte senza adeguate forme di accompagnamento e secondo le procedure previste dalla normativa vigente, possono esporre le persone (sia minorenni che adulti) a situazioni di eventuale pregiudizio.

Un aspetto particolarmente sensibile è quello della ricerca di informazioni sui genitori biologici nel caso di persone non riconosciute alla nascita. Un tema  di particolare attualità anche  a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 278/2013, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 28, comma 7 della legge 184/83 nella parte in cui non prevede (attraverso un procedimento stabilito dalla legge che assicuri la massima riservatezza), la possibilità per il giudice, dietro richiesta del figlio, di interpellare la madre che ha dichiarato al momento del parto di non voler essere nominata, ai fini di un’eventuale revoca della medesima.

In particolare le Sezioni unite della Cassazione, con la sentenza n. 1946 del 25 gennaio 2017, hanno enunciato il seguente principio di diritto: “In tema di parto anonimo, per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 278 del 2013, ancorché il legislatore non abbia ancora introdotto la disciplina procedimentale attuativa, sussiste la possibilità per il giudice, su richiesta del figlio desideroso di conoscere le proprie origini di accedere alla propria storia parentale, di interpellare la madre che abbia dichiarato alla nascita di non voler essere nominata, ai fini di un'eventuale revoca di tale dichiarazione e ciò con modalità procedimentali, tratte dal quadro normativo e dal principio somministrato dalla Corte Costituzionale, idonee ad assicurare la massima riservatezza e il massimo rispetto della dignità della donna; fermo restando che il diritto del figlio trova un limite insuperabile allorché la dichiarazione iniziale per l’anonimato non sia rimossa in seguito all’interpello e persista il diniego della madre di svelare la propria identità”.

Questa sentenza ha aperto una riflessione importante circa l’accoglimento delle istanze presentate da persone non riconosciute alla nascita affrontando, per la prima volta, la questione dell’attuabilità della tutela giurisdizionale del diritto all’accesso alle origini da parte del figlio nato da madre che al momento del parto dichiarava di voler rimanere anonima.

Le Sezioni unite hanno ribadito la diretta applicabilità della sentenza n. 278 del 2013 , che ha natura di “sentenza additiva di principio” consentendo di fatto la possibilità di interpellare la madre biologica.

Da marzo 2018 è fermo in Senato il DDL S. 1978/2015, un testo risultante dall’unificazione di una serie di disegni di legge, approvato dalla Camera il 18 giugno 2015, teso a  apportare una serie di  "Modifiche all'articolo 28 della legge 4 maggio 1983, n. 184, e altre disposizioni in materia di accesso alle informazioni sulle origini del figlio non riconosciuto alla nascita".

A livello internazionale varie sono le normative e le prassi in tema di accesso alle informazioni sulle proprie origini. La legge francese ha cercato di rendere accessibile questo diritto senza mai arrivare al riconoscimento formale e ha istituito un organo ad hoc, il CNAOP (Consiglio nazionale per l'accesso alle origini personali). Per l'Inghilterra l'accesso alle informazioni alle origini e la ricerca della famiglia biologica è uno dei principi su cui si basa tutta la legislazione in materia di adozione e utilizza un meccanismo di “registri” per garantire l'accesso alle informazioni sulle proprie origini. Il riconoscimento normativo del diritto di accedere alle proprie origini è stato accolto e inserito nella legislazione di molti paesi tra cui Spagna, Svezia, Canada, Stati Uniti seppur con diverse modalità di  conservazione, di accesso e divulgazione delle informazioni.